
LE FORME DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Le forme di previdenza complementare nel nostro ordinamento sono 3: negoziali, aperti e Pip.
Vediamo insieme le principali caratteristiche fondamentali:
- I fondi negoziali (art. 3 del D.lgs. 252/2005) sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale.
- I fondi aperti (art. 12 del D.lgs. 252/2005) sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM).
- I Piani pensionistici individuali (PIP) (art. 13 del D.Lgs. 252/2005), rappresentano i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale. Le regole che li disciplinano non dipendono solo dalla polizza assicurativa ma anche da un regolamento basato sulle direttive della COVIP.
Andando a vedere più nel dettaglio le differenze sostanziali esistenti tra le varie forme pensionistiche sono legate principalmente ai costi e ai rendimenti.
I costi
Partendo dall’analisi dei costi e prendendo in considerazione le fasce dei 10 e 35 anni (quelle che maggiormente ci interessano per lo scopo previdenziale) come possiamo vedere nell’immagine i fondi negoziali, risultano essere i più economici, i fondi aperti si posizionano nel mezzo e i Pip sono invece i più costosi. Possiamo dividere i costi gravanti sui fondi in 2:
- Costi diretti sono quelli a carico diretto dell’aderente gravano all’adesione e sui versamenti.
- Costi indiretti invece sono essenzialmente legati alle commissioni di gestione.
E’ fondamentale conoscere quali sono i costi del fondo pensione a cui decidiamo di aderire, nel lungo periodo anche l’1% di differenza può creare divari di 20/30.000€ di accumulo.
I rendimenti
I costi ovviamente si ripercuotono direttamente sui rendimenti finali del fondo pensione, andando a vedere i risultati che sono stati ottenuti dalle varie gestioni la classifica cambia in modo importante vediamo infatti che i Fondi pensione aperti nell’arco temporale di 10 anni hanno avuto mediamente rendimenti migliori sia rispetto ai Pip (molto più costosi), sia rispetto ai fondi negoziali (molto meno costosi). Questo risultato è legato in modo particolare alle scelte di investimento effettuate dai gestori che si muovono in maniera più o meno attiva in base alle proprie idee che hanno sul mercato.
Differenza rendimento rivalutazione TFR in azienda e nel fondo pensione
Ultimo dato molto interessante da cogliere è come nel lungo periodo esista una netta differenza a livello di rendimento rispetto alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda. Lasciare il Tfr in azienda equivale a perdere la possibilità di avere rendimenti reali nel lungo periodo e perdere importanti vantaggi fiscali che vedremo nel prossimo articolo.
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